Gaianews.it ha raggiunto il dottor Paolo Ciucci dell’Università La Sapienza di Roma e il dottor Michele Fina, Capo della Segreteria del Ministero dell’Ambiente.
Sabato scorso si è svolto presso la Riserva Naturale del Monte Genzana il primo incontro relativo al monitoraggio dell’orso marsicano nell’areale periferico.
L’orso marsicano è a rischio estinzione: l’ultima stima relativa al 2011 parla di circa 49 orsi nel suo areale principale. Per far sì che la popolazione riduca i propri i rischi di estinzione gli esperti sostengono che sia necessario che l’orso torni ad abitare il cosiddetto areale periferico, cioè esterno all’area principale, che è per la maggior parte sovrapposta al Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise e alle aree immediatamente limitrofe.
L’areale periferico comprende molteplici parchi nazionali, regionali e riserve naturali. Il convegno, la cui organizzazione è stata curata dal personale della Riserva Naturale Monte Genzana, ha visto la partecipazione di questi enti che hanno riportato la propria esperienza in fatto di monitoraggio di orsi e i relativi dati.
“A nostro parere l’iniziativa è stata molto positiva”, ha detto Mauro Fabrizio, direttore della Riserva. “Circa 120 persone hanno partecipato fra personale degli enti, ong e appassionati”. Una dimostrazione del fatto che una sorta di “popolo per l’orso marsicano” si sta aggregando nell’Appennino centrale e ha voglia di collaborare e mettere insieme competenze e capacità per l’unico scopo della salvaguardia di questo animale.
“La disponibilità a collaborare è stata evidente, ed è un altro punto di successo di questo evento”, ha spiegato Fabrizio.”D’altra parte” ha continuato, ” un coordinamento in embrione era già in atto. Ad esempio, la ripresa video dell’orsa che è stata vista accoppiarsi al Parco della Majella, e che, se partorirà, rappresenterà il primo nucleo riproduttivo nell’areale periferico, è riuscita grazie al coordinamento fra il Parco Nazionale della Majella, la nostra riserva, e il Parco Nazionale d’Abruzzo. Grazie ad uno scambio di informazioni, competenze e attrezzature, il tutto avvenuto con una giusta tempistica, siamo riusciti a documentare l’accoppiamento”.
La questione che dunque emerge è se sia sufficiente che ognuno monitori i passaggi di orso nella propria area protetta, o se siano necessari un confronto costante e una standardizzazione dei metodi.
Il dottor Paolo Ciucci, ricercatore dell’Università La Sapienza che ha guidato l’ultimo monitoraggio dell’orso marsicano nell’areale principale e che dal 2004 studia l’orso marsicano, è intervenuto dopo l’esposizione di tutti tecnici delle aree protette.
Il dottor Ciucci ha parlato di un monitoraggio PER l’orso, e non di un monitoraggio DELL’orso. Come spiegare la distinzione? “Il monitoraggio”, ha spiegato Ciucci a Gaianews.it, non è di per sé un’azione di conservazione. Facendo solo il monitoraggio non salveremo l’orso. Ma è necessario che il monitoraggio fornisca informazioni utili per valutare il reale effetto che le nostre azioni di conservazione strategiche hanno sulla popolazione.”
Che il monitoraggio non salvi l’orso la storia ce lo ha già insegnato: sono diversi gli orsi ritrovati morti nell’areale periferico, la cui presenza era stata monitorata anche molto accuratamente negli anni precedenti. Negli ultimi anni un orso è morto nella Riserva della Duchessa, e il referto di morte secondo alcune fonti non sarebbe esaustivo. Nel gennaio 2011 un orso morì nel Parco Sirente Velino. I sintomi fecero in un primo tempo propendere fortemente per la pseudorabbia, il refererto lo escluse, ma anche riguardo a questo le opinioni sono differenti e una chiarezza sulle cause di morte degli orsi, come è stato dichiarato più volte anche in Tavoli Tecnici Sanitari specifici, non c’è nel 50% dei casi. E ciò non aiuta certo a fare la chiarezza necessaria sulle molteplici cause di morte e i relativi fattori di rischio.
Dunque questo dimostra che solo monitorare il passaggio, la stanzialità o la riproduzione degli orsi potrebbe assumere poco valore operativo se poi gli animali possono essere attirati in trappole mortali.
Ma perchè si ambisce ad un monitoraggio standardizzato, cioè omogeneo e con gli stessi metodi su tutto l’areale periferico?
Il dottor Ciucci ha spiegato che “una banca dati unitaria dove i dati vengono interpretati con gli stessi metodi, come se fossero stato raccolti sempre dallo stesso ricercatore, serve innanzitutto per poter confrontare i dati. Ciò che ci interessa misurare e valutare è come e dove si muove l’intero areale in maniera simultanea. Questo è utilissimo in termini di conservazione, ed è la cosa più importante da assicurare in questo delicato momento di presenza di diversi individui nelle zone cosiddette periferiche.”
“Faccio un esempio: mettiamo il caso che volessimo valutare l’importanza di un corridoio ecologico. Sarebbe fondamentale standardizzare i sistemi per poterlo valutare correttamente nel contesto dei movimenti della totalità della popolazione e su tutto l’areale”.
Il dottor Ciucci ha poi proposto “l’istituzione di un gruppo di lavoro per il monitoraggio della popolazione di orso bruno marsicano oltre i confini del PNALM, al fine di sviluppare ed approvare formalmente un piano operativo di indirizzo tecnico e organizzativo, promuovere e coordinare su larga scala la rete di monitoraggio e stimolare Regioni, MATTM, Enti Parco ad una più tangibile gestione proattiva nelle aree periferiche.”
All’incontro, in rappresentanza del Ministero dell’Ambiente, è intervenuto anche il Capo della Segreteria, dottor Michele Fina. Raggiunto da Gaianews.it il dottor Fina ha dichiarato di “aver ascoltato con interesse gli interventi dei tecnici che hanno dimostrato che c’è una squadra numerosa di professionalità impegnate seriamente nella salvaguardia di questo animale.”
E’ noto che la grande ombra che aleggia sulla conservazione di questo animale si chiama PATOM (piano di azione per la tutela dell’orso marsicano) siglato ormai più di tre anni fa da numerossisimi enti e ong, che allo stato attuale non ha portato nessun risultato tangibile, se non qualche tentativo di realizzazione di tavolo tecnico con risultati ad oggi non resi noti. Ma la maggior parte delle scadenze indicate nel piano sono passate da lungo tempo.
A questo proposito il dottor Fina, ha spiegato che l’Autorità di Gestione prevista nel PATOM si è riunita già diverse volte, l’ultima il 4 giugno, in relazione ai gravi avvenimenti di bracconaggioavvenuti nel Parco: circa 30 polpette avvelenate sono state sparse nel cuore del parco, in un’area di riserva integrale provocando la morte di due lupi, volpi, faine, e forse, di un’ aquila reale.
Ma quali sono le priorità del Ministero nell’attuazione del PATOM? Il dottor Fina ha spiegato che la chiave di volta per l’attuazione del piano è il coordinamento, e su questo si cercherà di mettere l’accento. “Ad esempio, è fondamentale che si sblocchi la situazione relativa al Piano del Parco d’Abruzzo che deve essere ancora approvato, e che si istituiscano le aree contigue, che dovevano già essere state approvate molti anni fa. Per fare questo è necessaria la collaborazione e il coordinamento fra tutti gli enti coinvolti”, ha spiegato il Capo della Segreteria.
Ma cosa pensa il Ministero della proposta dell’istituzione di un gruppo di tecnici? “La proposta è positiva, ma bisogna evitare il proliferare di tavoli, altrimenti non staremmo lavorando nella direzione del coordinamento”, ha dichiarato Fina, che ha spiegato che “è giusto fronteggiare le emergenze, come nel caso del bracconaggio con polpette avvelenate, ma bisogna lavorare anche sulle cause di questi episodi. E’ necessario che si lavori sulle problematiche relative al coinvolgimento degli stakeholders, in altri termini recuperare un rapporto con la popolazione, con gli allevatori. Lavorare sui problemi relativi alla zootecnia in modo che gli allevatori possano percepire il Parco come un’occasione per lo sviluppo. Ma di questo avremo modo di parlare in occasione della Terza Conferenza per la Biodiversità che il Ministero sta organizzando per la fine di quest’anno”.
(fonte: Gaianews.it)