Avremmo preferito leggere le motivazioni della sentenza prima di commentarla, ma la patetica intervista di Centofanti riportata dal quotidiano Il Centro lo scorso 12 aprile ci costringe a rendere pubblica la nostra opinione per impedire che fantasiose ricostruzioni dell’episodio possano ingannare un’opinione pubblica già confusa ed interdetta dall’epilogo del processo a colui il quale, per sua stessa ammissione, uccise un esemplare di orso marsicano nel 2014 a Pettorano.
Si fa veramente fatica a non considerare la versione di Centofanti addirittura ridicola. Chi cade con un fucile senza sicura e con il colpo in canna in genere spara al cielo… e la cosa sorprende ancor più quando accade a un provetto cacciatore, proprietario di molti fucili, come l’indagine della Forestale mise in luce. Un cacciatore, peraltro, sa anche che di notte e in periodo di caccia chiusa non si esce di casa con un fucile senza sicura inserita. E cosa dire del tempo trascorso dal momento dello sparo che ferì mortalmente l’orso fino all’ammissione del cacciatore di essere l’autore dell’uccisione? Perché non avvisò subito chi di dovere dell’episodio?
Sono molte le domande da porre ma c’è un giudizio della Magistratura a cui riferirsi e motivazioni che vanno lette per capirne la ratio. Certamente la versione sposata dalla Magistratura ci consegna una situazione assurda di un giovane orso in cerca di cibo, che, mentre si allontana da un pollaio, viene centrato da una fucilata. Stiamo parlando di un bene prezioso dello Stato, uno degli ultimi 50 esemplari di una specie in estinzione per cui sono stati stilati protocolli di protezione europei e nazionali. Più del giudizio colpisce la richiesta di assoluzione del PM… Perché mai rinviare a giudizio il Centofanti dopo ben 3 anni di indagini, se si è deciso di credere alla sua versione? È come se lo Stato avesse abdicato e rinunciato a cercare la verità, a cercar giustizia per quel giovane orso, l’equivalente di un pezzo di Colosseo del nostro patrimonio naturalistico. La sensazione amara che ci lascia questa sentenza è che da oggi in poi ci sarà molta più gente che penserà di farla franca, mentre appare più fragile la salvaguardia dei nostri orsi. Nessuno invocava la galera per Centofanti, sarebbe bastata la sua condanna ad una lievissima sanzione pecuniaria e una chiara riconferma del principio che non si spara a un orso se non rappresenta alcun pericolo per la vita umana.
Analogamente appare incomprensibile e grave il comportamento del Comune di Pettorano, Ente gestore di una Riserva nata in primis per la presenza dell’orso, per la quale ogni anno la Regione eroga consistenti finanziamenti, che, dopo aver rinunciato a costituirsi parte civile contro il proprio concittadino, continua a tacere anche in seguito alla sentenza. È bene ricordare che l’uccisione dell’orso ha inflitto un grave danno d’immagine al Comune e ai pettoranesi, sbattuti sui giornali di tutta Italia come coloro i quali avevano tolto la vita ad un animale rarissimo, colpevole di aver predato qualche gallina. Galline che peraltro le associazioni scriventi, la Regione e la locale Riserva hanno sempre rimborsato. Pensavamo anche che il denaro e il lavoro che le associazioni hanno speso in 4 anni di interventi di messa in sicurezza gratuita di pollai ed orti meritassero un diverso comportamento da parte dell’amministrazione di Pettorano, ma cosi evidentemente non è stato.
La salvaguardia degli ultimi orsi d’Abruzzo, ovvero la conservazione della specie per le future generazioni, richiede comportamenti di grande consapevolezza della posta in gioco da parte di sindaci e amministrazioni comunali e la strada dell’educazione dei cittadini alle regole della convivenza è l’unica percorribile da un paese civile.
Pettorano, 18 aprile 2018
Salviamo l’Orso
Dalla Parte dell’Orso
Società Italiana per la Storia della Fauna Giuseppe Altobelli