Sono le emergenze a esaltare le capacità, o le incapacità, della classe politica chiamata a gestirle. La Regione Abruzzo ha risposto alla crisi causata dalla pandemia con una confusione che ha superato il limite del grottesco. Dal contributo milionario al Napoli calcio affinché scegliesse Castel di Sangro per la sede del ritiro precampionato, all’incuria con cui non ha potenziato ospedali e terapie intensive in previsione della seconda ondata del virus, all’inspiegabile “accanimento terapeutico” per rianimare impianti sciistici falliti da anni, alla proterva proposta di legge per tagliare 8.000 ettari del Parco Naturale Regionale Sirente Velino, alla diatriba “zona arancione” – “zona rossa” con il Governo, fino all’ultima “perla”, ovvero l’ordinanza n.108 del 12/12/2020 con cui il Vicepresidente Emanuele Imprudente consente gli spostamenti ai cacciatori in tempo di COVID accampando motivazioni zoofobe e inaccettabili: “è consentito lo svolgimento dell’attività venatoria in quanto stato di necessità per conseguire l’equilibrio faunistico venatorio, per limitare i danni alle colture nonché il potenziale pericolo per la pubblica incolumità”. Così, mentre altri cittadini devono restare a casa o nel limite del loro Comune e attività economiche e culturali sono costrette a restare chiuse, i cacciatori sono autorizzati a circolare con restrizioni ridicole per “liberarci” dal “pericolo” della fauna selvatica.
Abbiamo sempre riconosciuto legittima l’attività venatoria, ma l’arretratezza concettuale e culturale che traspare dal provvedimento regionale, sprezzante del valore della biodiversità dei nostri territori, non può lasciarci indifferenti, così come l’evidenza di certi comportamenti retrivi di una parte di cacciatori, che continuano a usare a mo’ di discarica e di bersaglio vivente quel bene comune di cui si attestano “custodi”.
Del resto, gli animali da cui dovrebbero proteggere la pubblica incolumità sono molto meno pericolosi (unicamente in termini di incidenti stradali mortali) di persone armate che ogni anno mietono decine di vittime che avrebbero volentieri fatto a meno di partecipare al loro “sport”, che inquinano il suolo con migliaia di tonnellate di piombo (quando sono già disponibili munizioni atossiche, sebbene più costose) e con la plastica dei bossoli, troppo spesso non raccolti…
Noi siamo sempre disponibili al dialogo con tutti, purché ci sia la disponibilità del mondo venatorio ad ammettere le proprie responsabilità e la necessità di un’evoluzione culturale che, purtroppo, stenta ancora a manifestarsi.